Secondo figlio: Qual è l’età giusta per un fratellino?
Per ripercorrere degli ineguagliabili momenti di tenerezza, per dare un fratellino al primogenito, per sperare che “stavolta sia una femminuccia”, per soddisfare il senso di onnipotenza che ogni genitore prova davanti alla consapevolezza di aver dato una nuova vita e di esserne responsabile. Le ragioni che spingono una coppia a ripetere l’esperienza di un figlio sono davvero tante. E tutte plausibili. Non fosse altro perché è anche grazie a chi decide di essere “doppiamente” genitore che la società può sperare in una seppur lieve crescita del tasso di natalità. Tuttavia, anche quando in termini economici e di organizzazione familiare il desiderio di un secondo figlio è assolutamente realizzabile, la decisione non può prescindere dalla riflessione e, quindi, dai dubbi. E, nella maggior parte dei casi, le incertezze sono assai comuni: Qual è il momento più opportuno per concretizzare nel modo migliore una decisione tanto importante? E, soprattutto, qual è la differenza di età ideale tra due fratelli? Meglio ora che il primogenito ha appena 12 mesi? O è meglio aspettare che diventi più grande? Sì, ma quanto grande?.
Facciamo crescere il primogenito
Di sicuro non esiste una verità incontrovertibile che sveli con assoluta certezza quale sia il tempo ideale da far trascorrere tra il primo ed il secondo figlio. Ma, è altrettanto realisticamente evidente come la nascita di un secondo figlio sia in grado di modificare in modo sostanziale le dinamiche psicologiche e di crescita del primogenito. Va’ da sé che prima di pensare ad un altro figlio, bisognerebbe tener presenti diverse variabili e numerosi fattori che, inevitabilmente, intervengono nell’evento. A cominciare dalle capacità del primogenito. Lo sviluppo cognitivo e motorio di un bambino non si definisce prima del compimento del 2° anno di età, quando cioè l’apprendimento del linguaggio e la conseguente capacità di pensiero arrivano ad un livello di maturazione sufficiente a delineare una identità personale. E’ solo dopo questa fase, quindi, che il piccolo possiede la giusta autonomia, fisica e psicologica, per poter essere considerato “autonomo”. Fino ad allora non è ancora in grado, ad esempio, di muoversi in modo perfettamente sicuro, di riconoscere pericoli, di svincolarsi, insomma, dal continuo controllo e dal continuo impegno dei genitori. Ma, soprattutto, non è ancora capace di comprendere “come dovrebbe” la sua posizione, l’annuncio dell’arrivo di un fratellino, i vantaggi che ne verranno. L’amore, unico ma condiviso, di mamma e papà. Tutti concetti che sfuggono ad un bambino troppo piccolo. Non che superati i due anni si attui un incantesimo. La gelosia è un fattore da mettere in conto, in ogni caso, quando si decide di avere un secondo figlio. Ma, di fatto, un bambino più grande possiede, a differenza di uno più piccolo, la capacità di percepire e di recepire ciò che i genitori saranno in grado di comunicargli per consentirgli di vivere in modo corretto l’evento.
Poca differenza, poca autonomia
Tuttavia viene da chiedersi: il fatto che un bambino, ad esempio di 12 mesi, non sia in grado di comprendere in modo adeguato, non gioverebbe forse di più alla situazione? Forse sì, se la vita finisse a quando si è bambini. E se la gelosia fosse l’unico parametro da valutare prima di decidere quando tornare ad essere genitori. Ma un bambino cresce e diviene adulto e, proprio per questo, le variabili da considerare sono molteplici. Se la differenza d’età tra i fratelli è di un anno, ad esempio, la conseguenza primaria che ne deriva è che crescano insieme. E questo può apparire a prima vista sicuramente positivo. Ma di fatto crescere insieme vuole dire anche condividere a lungo ogni minima parte di un mondo che, invece, ogni figlio ha diritto di creare, gestire e vivere per conto proprio, senza competizione e con un rispetto di privacy indispensabile. Avere gli stessi amici o desiderare le stesse fidanzate genera quasi sempre una disputa, talvolta vissuta in silenzio, in altri casi espressa in modo palese, ma, in ogni caso, tutt’altro che opportuna per il futuro di entrambi i figli. Meglio, insomma, lasciare che i problemi rimangano localizzati all’età infantile, affrontando quindi il tema della gelosia quando il bambino è in grado di comprendere, piuttosto che costringerlo a fronteggiare problemi maggiori durante la crescita.
Troppa differenza, troppi limiti
A questo punto sarebbe legittimo ipotizzare un’altra alternativa che, probabilmente, sarebbe in grado di porre rimedio a gelosia e rischio di competizione in un solo colpo: pensare ad un secondo figlio quando il primo avrà quattro anni, forse anche più, quanto basta perché sia in grado di comprendere autonomamente la scelta dei suoi genitori e contemporaneamente di non rischiare di dover condividere nulla con suo fratello. Tuttavia anche questa ipotesi è destinata a rivelarsi meno geniale di ciò che sembra. Una eccessiva differenza di età, infatti, distorce molto spesso l’ottica nella quale il rapporto tra fratelli dovrebbe essere vissuto. Il primogenito finisce quasi sempre per farsi carico della gestione del più piccolo, assumendo una responsabilità che non gli compete e diventando un secondo padre che detta regole e confonde il più giovane rispetto a ruoli che dovrebbe invece distinguere con chiarezza. Senza contare che, anche sotto il profilo pratico, un adolescente con in casa un bambino molto più piccolo vede necessariamente limitata la propria libertà, la necessità di uno spazio proprio, il bisogno di solitudine, la difesa della propria intimità.
Fratellino e scuola: non sommiamo lo stress
E’ proprio alla luce di queste riflessioni che, probabilmente, l’intervallo di tempo migliore per progettare un secondo figlio rimane, quando è possibile, l’età compresa tra i 2 anni e ½ ed i 3 anni del primogenito. Anche per ciò che riguarda la mamma, del resto. Due anni sono infatti il tempo minimo perché l’utero possa tornare in condizioni ottimali dopo aver subito un evento traumatico come quello del parto. In ogni caso, però, è bene evitare che la nascita coincida con l’inserimento all’asilo o a scuola del primogenito: meglio attendere che siano trascorsi almeno sei mesi dall’inizio di una novità già di per sé tanto coinvolgente. A qualunque età, il figlio maggiore, nonostante sia il più “grande”, è pur sempre un bambino “piccolo” con delle esigenze da rispettare e con la necessità di sentirsi “unico”. Anche in una famiglia numerosa.
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